In questi giorni di lockdown, indipendentemente dall’innata passione per la cucina, molti di noi, forse perché memori dei grembiuli infarinati delle nonna, stiamo pensando di “metter le mani in pasta”! E così iniziamo a navigare nel web per trovare idee e ricette. Quante ce ne sono! E quale scegliere? Quale la più salutare?
Ecco, quindi, alcune indicazioni per avere soddisfazioni in cucina senza avere delusioni sulla bilancia!
I denominatori comuni da cui partire sono: farina, acqua e lievito.
Spesso nei blog di cucina troviamo l’uso di farina di frumento tenero di tipo 00, 0 o di un mix tra queste e quella manitoba, in base all’elasticità e morbidezza desiderate per l’impasto. Cerchiamo di far chiarezza.
La manitoba, chiamata così dal nome della regione canadese da cui il grano tenero proviene, è una farina definita “forte” per l’alto contenuto di proteine insolubili (glutenina e gliadina). Grazie all’acqua e all’energia impiegate per impastare, tra queste molecole si formano nuovi legami che permettono la formazione della cosiddetta maglia gluteinica, essenziale a dare elasticità e resistenza all’impasto. Se questo è di grande vantaggio a livello agroalimentare, ricordiamoci che il glutine derivante dai grani “moderni” (cioè quelli ingegnerizzati proprio per aumentare la quantità delle proteine insolubili) è una molecola pro-infiammatoria, il cui consumo viene associato, con sempre più fermezza scientifica, all’incremento di celiachia, sensibilità al glutine e a tutte le sintomatologie gastrointestinali subcliniche.
La differenza tra farina 0 e 00 sta nella raffinazione del chicco di grano. La farina 0 è meno raffinata e contiene la parte esterna del chicco di grano con una percentuale di crusca, quindi di fibre e sali minerali. Per la produzione di farina 00 viene, invece, impiegata solo la parte più interna del chicco, detta mandorla, ricca principalmente di amido, quindi più impattante a livello di glicemia.
Dunque, meglio scegliere farine integrali di grano duro, ottenute dalla macinatura dell’intero chicco di grano senza subire nessun trattamento, per contribuire al giusto apporto giornaliero di fibre.
Laddove possiamo lavorare con un impasto anche meno elastico e colloso, preferiamo farine di grani antichi (Senatore Cappelli, Gentil Rosso, Saragolla, Farro Monococco, ecc.), coltivati senza l’uso di fertilizzanti chimici e che assicurano una quantità e qualità di glutine meglio tollerate dal nostro corpo.
Quando optiamo per l’integrale, a maggior ragione, scegliamo il biologico perché vogliamo minimizzare le sostanze chimiche e tossiche che, altrimenti, la parte esterna del chicco porta con sé. Senza compromettere il successo della lievitazione, sbizzarriamoci a creare il nostro mix di farine, provando anche quelle di legumi o frutta a guscio, come di ceci o castagne.
Quale lievito?
Quello più comune è il lievito di birra contenente, per l’appunto, lieviti di un unico ceppo, Saccharomyces cerevisiae, che permette la fermentazione dell’amido.
Il lievito madre, noto anche come pasta madre, è anch’esso un agente lievitante, ma si tratta di un “organismo” vivo che va nutrito e accudito. Nella pasta madre è quindi possibile trovare un vastissimo numero di famiglie di lieviti diversi, oltre a batteri buoni, come l’ormai celeberrimo Lactobacillus.
A differenza del lievito di birra, il vero lievito madre non si compra. Lo si riceve in dono e non è un prodotto confezionato con tanto di data di scadenza. Il lievito madre di per sé, se curato nel modo giusto, può durare anni e addirittura passare da una generazione all’altra. Lo si può, quindi, preparare in casa a partire da acqua e farina e chi segue una dieta gluten-free può realizzare il lievito madre senza glutine a partire da una farina adatta, ad esempio la farina di riso.
Entrambi usati nella panificazione e prodotti da forno, hanno pregi e difetti da considerare. Se i tempi di lievitazione sono veloci e facilmente gestibili col lievito di birra, dovremo mettere in conto dei tempi ben più lunghi affinché la pasta madre possa fermentare. Il risultato però sarà un pane estremamente più digeribile, di migliore conservazione ed aromatico, grazie ai batteri e alle tante famiglie di lieviti presenti.
Il compromesso tra i due è il lievito madre essiccato che in realtà sfrutta il lievito di birra come agente lievitante: lievito di birra e pasta madre lavorano insieme per sfruttare la velocità del primo e il sapore del secondo (ma non i benefici salutistici).
In ultimo, non esageriamo con l’aggiunta di sale nell’impasto e, piuttosto, aggiungiamo gusto e sapidità con l’utilizzo di semi (zucca, girasole, chia, finocchio, senape, ecc.) oppure di pezzetti di olive e cipolle! Per le versioni dolci occhio a non esagerare con lo zucchero e giochiamo, invece, con frutta secca, uvetta sultanina e spezie come lo zenzero!
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